Il welfare: una partita in cui vincono tutti

Spesso si è portati a pensare che, nel rapporto di lavoro, l’elemento determinante nella motivazione del collaboratore sia esclusivamente quello economico. Questo porta in alcuni casi ad un’escalation di incremento retributivo che non sempre genera l’effetto sperato e cioè una maggiore produttività.

Al contrario, negli ultimi anni, è emerso che sempre meno l’aspetto retributivo è decisivo nelle scelte lavorative di un collaboratore aziendale. Complice, forse, il periodo storico più recente: sempre più spesso, accanto alla sfera retributiva, le valutazioni di un collaboratore si assestano oltre che sul compenso percepito anche sul benessere personale e, più in generale, sulla qualità della propria sfera privata.

A questo punto la vera sfida sta nel comprendere quali siano le leve motivazionali che muovono ogni collaboratore nello svolgere bene il proprio lavoro, leve che sempre di più sono articolate e composte da tanti fattori, che vanno oltre quello prettamente economico.

Più il collaboratore è soddisfatto del luogo di lavoro, più è gratificato, più si sentirà parte dell’azienda e contribuirà al successo della stessa.

L’imprenditore che riesce a cogliere questa tendenza riuscirà verosimilmente a instaurare un rapporto con i propri collaboratori più orientato al benessere generale e non solo economico e saprà cogliere quelle leve che potranno rendere più produttivi i propri collaboratori, riuscendo nel contempo a stimolare la retention e il senso di appartenenza all’azienda.

Il Welfare, il cui termine deriva dalla locuzione anglosassone “to fare well” (andare bene, passarsela bene), rappresenta uno degli strumenti con cui può essere stimolato il meccanismo motivazionale del dipendente.

Tramite questo strumento, i datori di lavoro, offrono ai propri lavoratori un insieme di benefici volti a migliorare il loro benessere. È, infatti, ormai dimostrato che un maggior benessere dei lavoratori incide favorevolmente sulle performance e quindi sui risultati aziendali.

I servizi di welfare hanno il fine di favorire la conciliazione tra la vita lavorativa e quella privata dei lavoratori, grazie alla possibilità di utilizzo di beni e servizi che rispondono ai bisogni dei dipendenti o a quelli dei loro familiari.

Si tratta di uno strumento integrativo rispetto alla tradizionale retribuzione e incentivazione che crea valore non solo nel breve, ma anche nel medio e lungo periodo.

In cosa consiste un piano di welfare?

Attraverso la realizzazione di un piano di welfare, l’imprenditore che vuole riconoscere ai propri collaboratori delle gratificazioni, sceglie di mettere a loro disposizione servizi specifici di valore predeterminato a cui potranno attingere.

Il primo passo è quello di individuare l’area su cui l’azienda intende intervenire, secondo la seguente classificazione:

  • area del tempo: consentire maggiore flessibilità del lavoro con il fine di aiutare il lavoratore nella conciliazione dei tempi famiglia-lavoro (ad esempio smart-working, part time, orari a menu, banca ore);
  • area della famiglia: per offrire soluzioni finalizzate ad una gestione del rapporto di lavoro più funzionale alle esigenze familiari (ad esempio congedi extra, centri estivi, servizi di accoglienza pre e post-scolari, servizi di assistenza di familiari non autosufficienti);
  • area della persona: per promuovere il benessere dei lavoratori attraverso servizi finalizzati anche all’accrescimento professionale (servizi per promuovere un corretto stile di vita, sistemi di prevenzione sanitaria, attività culturali e formative, viaggi, attività sportive).

La chiave per il successo di un buon piano di welfare sta nella capacità di personalizzarlo. Proporre servizi fuori dalla portata dell’azienda, o peggio ancora che non hanno nessun interesse per i collaboratori, è il miglior modo per far fallire il progetto.

Studiare invece quali sono le disponibilità dell’azienda, sia in termini economici, ma anche in termini di organizzazione dell’offerta e della sua fruizione, permetterà di organizzare un piano di welfare tarato sui servizi che l’azienda è in grado di offrire.

Allo stesso tempo, sarà ancora più cruciale instaurare con i collaboratori un dialogo nel quale si indaghi su quali sono gli effettivi e reali bisogni, affinché il welfare non sia solo un’operazione economica, ma sia effettivamente orientato a massimizzare il risultato produttivo e il benessere di chi lo percepisce.

Se ad esempio la popolazione aziendale è composta prevalentemente da famiglie con figli, nel sistema di servizi proposti potrà essere inserito il rimborso dei testi scolastici o della retta scolastica e sarebbe poco produttivo e di scarso appeal proporre l’abbonamento a palestre o centri sportivi.

Viceversa, una popolazione aziendale più giovane potrebbe preferire sport e tempo libero e sarebbe inutile proporre servizi legati alla cura o assistenza a persone anziane o malate (il cd Caregiving).

Questo momento è cruciale, sia perché consente di tarare il piano sulla base di un’oggettiva esigenza, sia perché allo stesso tempo comporta un coinvolgimento dei collaboratori e costringe entrambe le parti coinvolte ad un ascolto attivo e proattivo.

Con il piano di welfare quindi, anziché corrispondere i classici premi annuali o le gratifiche natalizie che alimentano il netto nella busta paga del collaboratore, verranno riconosciuti servizi di vario tipo.

Mentre il premio in denaro subisce decurtazioni per effetto di imposte e contributi, con la conseguenza che solo la metà del premio riuscirà ad arrivare nelle tasche del collaboratore, il valore del welfare non subisce nessuna decurtazione consentendo all’azienda di offrire ai propri dipendenti il valore pieno di quanto speso.

In termini numerici e concreti, se si ipotizza un premio in busta paga di 100 euro, solo 50 entrano nella disponibilità del collaboratore, mentre, con il welfare, se i servizi sono rivolti alla generalità dei lavoratori o a categorie omogenee sulla base di contratti, accordi o regolamenti aziendali, i 100 euro di servizi non subiscono decurtazioni e l’azienda sarà in grado di mettere a disposizione del proprio collaboratore esattamente 100 euro di servizi e il costo sostenuto dall’azienda sarà interamente deducibile per la stessa.

Uno schema win win in cui entrambi gli attori coinvolti traggono importanti vantaggi. Il lavoratore potrà beneficiare di servizi “ritagliati” su misura per lui e per la sua famiglia, l’azienda avrà il vantaggio di erogare al proprio personale un riconoscimento per l’impegno svolto, o un incentivo a fare ancora di più attraverso servizi il cui valore è totalmente esente e deducibile.

Stefania Coiana – Consulente del Lavoro

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